Neve è un racconto magico e delicato, come l’elemento da cui prende il nome.
Siamo in Giappone e seguiamo il percorso del giovane Yuko (Yuki, in giapponese, significa neve) che desidera diventare un poeta di haiku. Per farlo dovrà però capire a fondo la sua arte e per riuscirci diventerà l’allievo di un grande maestro, Soseki, che gli svelerà i segreti della sua perfezione e, allo stesso tempo, la storia del suo amore per una donna chiamata Neve.
Non do mai molto credito ai racconti ambientati in Giappone scritti dagli occidentali. Il Giappone è un paese che ci è completamente alieno. Le persone vivono immerse in una realtà che non è la nostra, in abitudini, idee, schemi di comportamento, di vita, di pensiero, che non sono i nostri. Quindi non do fiducia agli occidentali che cercano di imitarne lo spirito.
Fermine però ci riesce abbastanza bene.
Il racconto è poetico, delicato, sottile. Ogni parola è necessaria, come in un haiku. La storia è ciclica, si ripete e si compie nel giro di poche pagine (il racconto è davvero molto breve), lasciando un segno nel lettore al pari di opere molto più lunghe e complesse.
Sono rimasta incredibilmente stupita e ammaliata da questo racconto poetico sulla poesia e su cosa sia la poesia: danza, calligrafia, musica, canto. Funambolia.
E sono rimasta affascinata dalla storia di un amore mai veramente perso e ritrovato nel più incredibile dei modi.
Per questo motivo, il mio voto è: